Una cruda riflessione sul potere e le sue degenerazioni, sulle nefandezze che spesso vengono compiute in nome di alti ideali. Dal 16 al 28 maggio al Teatro Argentina di Roma va in scena il lato più barbaro delle rivoluzione francese con “Morte di Danton”. Spettacolo intenso ed emozionante, meravigliosamente interpretato da un cast d’altissima levatura.
Profondo ritratto di un’epoca cruciale per la storia del mondo. “Morte di Danton”, sul palco del teatro Argentina di Roma dal 16 al 28 maggio è un’opera sontuosa di Georg Buchner, con la regia di Mario Martone e traduzione di Anita Raja, che porta in scena 29 attori talentuosi e appassionati. Su tutti, i protagonisti: Il cupo e dispotico Maximilien Robespierre, il bravissimo Paolo Pierobon, e il disilluso ma battagliero Georges Jacques Danton, magistralmente interpretato da Giuseppe Battiston.
Due visioni agli antipodi l’una dall’altra del mondo e dei suoi cambiamenti: Radicale e intransigente quella di Robespierre, fautore di una rivoluzione permamente e senza compromessi; razionale e pragmatica quella di Danton, fiaccato dal sangue visto scorrere più che convinto da moderazione ideologica e travolto dall’angoscia per il dolore provocato anche da lui.
Uno scontro che non vedrà vincitori ma solo una sconfitta, la Francia, le cui illusioni salvifiche annegheranno nel delirio dispotico di chi, volendo liberare il popolo, finirà per soggiogarlo come e più dei vecchi tiranni deposti. Emerge la drammatica contraddizione di chi persegue il bene perpetrando il male, in un vortice d’immoralità mascherata da giustizia. In questo abisso non esistono innocenti ma solo danni collaterali lungo il cammino collettivo della felicità, lievi alterazioni nello scorrere della storia.
In questo modo però, il fiume della rivoluzione ingoia ogni esistenza sul suo cammino senza distinzione, senza privilegiare neppure i propri figli. Danton muore schiacciato da quella fredda macchina che aveva contribuito a costruire e anche Robespierre, il carnefice, ne condividerà il destino di lì a poco. Persa ogni idealità e strappato il velo d’ipocrisia dei discorsi fintamente aulici e solenni, molte azioni umane si manifestano come frutto di forza prevaricatrice, per cancellare l’alterità da sé.
“Morte di Danton” ci ricorda, con l’immensa prova recitativa di tutti gli interpreti, che quando si libera la parte più oscura dell’essere umano, per scelta o calcolo, è impossibile prevedere dove gli eventi porteranno. E chi e quanti verranno travolti dal torrente impetuoso del destino.