Emozioni e sfumature cangianti su tele dai colori abbacinanti dove il nero è bandito in nome della luce. I capolavori di Claude Monet, tra i padri dell’Impressionismo, sono in mostra fino all’11 febbraio 2018 presso l’ala Brasini del Vittoriano a Roma. Sono circa 60 le opere, le più care all’artista che le conservava nella sua amatissima dimora di Giverny, provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi.
Una passione infinita per paesaggi e colori. Per la luce e le molteplici sensazioni che scaturiscono dal mutare delle forme a seconda del punto in cui su di esse cada un raggio di sole. La vocazione per la rappresentazione delle emozioni di Claude Monet, considerato uno dei fondatori dell’impressionismo, si tradusse in opere dalla poesia immortale, molte delle quali esposte in questi giorni e fino all’11 febbraio 2018 presso l’ala Brasini del Vittoriano.
Un percorso espositivo, curato da Marianne Mathieu storico dell’arte e vicedirettore del museo Marmottan, che ripercorre tutte le tappe fondamentali della vita artistica vissuta dall’autore francese, l’evoluzione della sua carriera. Dalle celebri caricature di gioventù, ai sognanti paesaggi rurali e urbani dell’amata Londra. E poi Parigi, Vétheuil, Pourville. Senza dimenticare Il celebre Castello di Dolceacqua, quando Monet scopre le forti tonalità del sud Europa. Fino alle meravigliose tele dedicate al suo giardino, che egli stesso definì “l’opera d’arte più bella che abbia mai creato”, e alle contaminazioni orientali culminate con gli sconfinamenti nell’astrattismo de Il ponte giapponese.
Il celebre scrittore Guy De Maupassant definì Monet “un cacciatore di soggetti”. Un artista che bandì dalla propria opera il nero, per far trionfare la luce. Innamorato dell’attimo, dell’irripetibile momento in cui ritraeva il mondo. Perché ogni pittura è un unicum assoluto e cattura solo il secondo in cui viene realizzata, cristallizzando il presente assieme alle sensazioni che questo regala. Non è importante l’oggetto, infatti, o la fedeltà con cui la tela lo riproduce, quanto piuttosto delineare le emozioni che in quel fuggevole minuto l’oggetto suscita. Un medesimo luogo, pur dipinto diverse volte, non potrà mai essere lo stesso.
Una volta Monet disse: “Spero di morire solo dopo aver detto tutto ciò che ho da dire. O per lo meno dopo averci provato. Chi vorrà visitare la mostra a lui dedicata al Vittoriano avrà chiara davanti agli occhi l’immensità del patrimonio di sensibilità e genialità che il padre dell’impressionismo ci ha lasciato.