Continuerà fino al prossimo 17 aprile al MACRO di Via Nizza la mostra dedicata all’artista indiano Anish Kapoor, curata da Mario Codognato, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita Culturale e con il Patrocinio dell’Ambasciata Britannica.
Classe 1954, nato a Bombay e trasferitosi a Londra, Kapoor rappresenta di sicuro uno dei massimi esempi di ispirazione, percezione e capacità nell’arte contemporanea. Uno studio, il suo, fondato sulla ricerca innanzitutto dei materiali, strumenti che utilizza nella sua personale quale indagine sull’arte. Visitare questa mostra vuol dire prendersi del tempo per riflettere sul gioco degli opposti che caratterizza Kapoor: “…La visione dell’arte dovrebbe essere un processo lungo e contemplativo, un fantasticare nello scorrere del tempo. Il soggetto è senza dubbio il tempo, infinitamente misterioso, infinitamente presente, nell’allora, nell’adesso, e nel limbo” racconta in un articolo pubblicato nel N. 48 della rivista EastWest nel 2013.
Spessori, colori, rilievi, giochi di specchi sembrano riportare ad un primordiale concetto sulla realtà, ad un dialogo costante tra antiche dicotomie sulle quali fermarsi a riflettere. Così il sanguigno che esplode con forza dalle sue sculture diviene da subito incontro espressivo con un’energia creativa fatta di antitesi. “Luce ed ombra, negativo e positivo, maschile e femminile, materiale ed immateriale, pieno e vuoto, concavo e convesso, lucido ed opaco, liscio e ruvido, naturale ed artificiale, rigido e morbido, solido e liquido, attivo ed inerte ed in definitiva ordine e disordine”, come si legge, divengono i punti essenziali su cui si fonda l’estetica di Kapoor.
Ci si imbatte così nell’enorme Sectional Body preparing for Monadic Singularity, già esposta lo scorso anno nella Reggia di Versailles: un’imponente scultura in PVC e acciaio di un rosso vermiglio che comunica con l’esterno attraverso le grandi bocche, simili ad una tromba. Ci si lascia colpire dalla prepotenza dell’opera Dissection in silicone, pigmento e tela, un lavoro che sembra mostrare le viscere di un corpo dilaniato, così come avviene per l’opera Red display.
Eccezionale poi Mirror (Black to Red), un grande specchio convesso con colori dal nero al rosso in cui l’osservatore entra, esce e si deforma a seconda della distanza; o ancora il Corner disappearing into itself, altro specchio questa volta dorato in cui l’angolo sparisce in se stesso. C’è poi il Negative Box Shadow che mostra come dice il titolo stesso l’ombra di una scatola in negativo, realizzata in legno, acciaio, vetroresina e cera. Come fosse ciò che rimane di un meteorite precipitato sulla terra, si trova l’Apocalypse and Millennium, una scultura in vetroresina e terra. In tecnica mista ecco quindi Thrown between him and her, altra grande scultura che pare raccontare uno scontro violento e letale di cui non rimangono che i resti, con un senso di disfatta e perduta speranza.
Queste e molte di più le suggestioni di una mostra da non perdere e che riporta dopo più di dieci anni le opere di Anish Kapoor nella capitale.