Circa 1500 euro di droga sono entrati in quella casa che ha accolto il sacrificio del giovane Luca, oggetto della violenza letale da parte di Manuel e Marco, che risposero di averlo fatto per vedere “l’effetto che fa”.
Sono giovani il regista Giovanni Franci e gli attori Valerio Di Benedetto, Riccardo Pieretti e Fabio Vasco e portano in scena all’ Off Off Theatre di via Giulia fino al 7 aprile L’effetto che fa, storia del terribile omicidio Varani, avvenuto a Roma in via Igino Giordani nel 2016.
Riccardo Pieretti è Luca Varani, Fabio Vasco Marco Prato e Valerio Di Benedetto Manuel Foffo. Sul palco si racconta la storia di dolore, di esistenze difficili, come quelle di Manuel e Marco che in preda ad una folle voglia di fare del male hanno a tutti i costi voluto soddisfarla. Inviano infatti diversi messaggi, per cercare la vittima da sacrificare in un rituale fatto di numerosi colpi di martello e di coltello, un rituale ancora più doloroso a causa di una morte, arrivata per Marco, con estrema lentezza. Ci vogliono due ore per vedere cessare le sofferenze del povero ragazzo. Anche la morte sembra complice dell’infinita crudeltà che si è verificata in quel dannato appartamento del Collatino.
Il caso, trasposto in scena, vede inoltre l’elemento del sesso insieme alla droga. Luca era andato in quella casa per prostituirsi? Anche questo le cronache di allora si chiedevano. E la ricerca di un perchè ha in parte lasciato il posto alla morbosità. Ma a cosa serve, oggi in particolare, sapere per quale motivo Luca era andato là o se Manuel fosse gay.
Il testo teatrale non giudica, riporta. I tre personaggi interagiscono al minimo fra loro. Sono piuttosto dei narratori dei fatti, cronaca fatta soggetto, notizie di cronaca nera divenute teatro. Non si riesce, guardando, a giudicare l’uomo, ma si giudica l’evento, che crea turbamento e fa pensare al fatto che questa storia è incomprensibile nel suo accadere “e se una storia non la si può capire, non la si può nemmeno perdonare”, dice Varani/Pieretti, è difatti la storia, che non riusciamo a perdonare. Il realismo usato nello spettacolo sia per quel che riguarda il linguaggio, che deve essere crudo, sia per il dramma che porta immagini forti, ma vere, non volgari, ci fa sentire ancora più vicini a quel massacro.
Un bancone è al centro del palco. E’ il bancone del bar, dove sono poggiate le bottiglie di alcol fino alle scene finali in cui vediamo che il corpo morto e nudo della vittima vi si stenderà . E’ a questo punto che il bancone diventa praticamente un altare, perchè l’agnello è stato sacrificato: l’agnus nullius rei, l’agnello sacrificato a niente, citando ancora il protagonista o forse l’agnello sacrificato al male, ascoltando la nostra coscienza.
Molto bravi i tre interpreti e il regista. Non si vuole creare alcun filtro, alcuna distanza: si fa sala all’inizio e gli attori sono già posizionati. Entriamo e siamo sulla scena o viene piuttosto da dire sul luogo del delitto, perchè la tensione la avvertiamo fin da subito e cresce nell’attesa delle luci che si spengano, affinchè ogni momento venga ripercorso.
Consigliamo di andare a vedere questo spettacolo e questo caso, perchè l’effetto che fa bisogna viverlo.