Tratto dal libro di Elif Shafak, “La bastarda di Istanbul”, per la riduzione e regia di Angelo Savelli, sarà al Teatro Sala Umberto di Roma dal 31 ottobre all’11 novembre 2018.
Lo spettacolo, dal sapore di oriente, porta in scena, come protagoniste, quattro donne, tre sorelle (tra cui una interpretata dalla celebre attrice turca Serra Yilmaz, consacrata alla fama dai film di Ozpetek) e una madre, che vivono sotto lo stesso tetto in un oriente che lentamente si apre all’emancipazione femminile, con tutti i contrasti che essa comporta, in una famiglia matriarcale fatta di regole e tradizioni.
Principe indiscusso della casa è il fratello delle tre giovani, cui la madre riserva ogni onore.
Ad affacciarsi sul palco saranno poi due poli geografici: la lontanissima America, terra di rosee prospettive e al contempo di sfrenato consumismo e la vicina Armenia, popolata di radici comuni e insieme di antichi spettri di un passato di antagonismi.
Femminilità e modernità, vicinanza e lontananza, sia fisica che psicologica, sono i fulcri di questo spettacolo che, per bocca dei singoli personaggi, racconta insieme la storia di una famiglia, tra ironia e tragedia, tradizione e innovazione.
La formula scenica porta i personaggi, interpretati dagli attori Valentina Chico, Riccardo Naldini, Monica Bauco, Marcella Ermini, Fiorella Sciarretta, Diletta Oculisti ed Elisa Vitiello (oltre alla già citata Serra Yilmaz), a presentarsi uno ad uno, raccontando se stessi e la loro storia fatta di segreti e contraddizioni, attraverso monologhi di rilettura di stralci del libro. Questa forma audace di messa in scena, se da una parte esalta la bella scrittura del testo di Elif Shafak, dall’altra rischia di far perdere vivacità alla rappresentazione. I dialoghi tra i personaggi, sono infatti pochi, mentre maggiormente numerose sono le parti descrittive.
E’ comunque apprezzabile l’intento del regista di rendere omaggio alla scrittura piacevolissima dell’autrice turca e, di sicuro va detto che il testo della Shafak, per la molteplicità dei significati non codificati ma, del tutto impliciti, che presenta il libro a chi lo legge e, insieme, per le emozioni contrastanti che è in grado di evocare, non era un romanzo facile da tradurre tra le quinte teatrali.
Di vero impatto è la riuscita scenografia di Giuseppe Ragazzini, supportata da un sapiente uso degli audiovisivi che, per loro parte, conferiscono vivacità e movimento al contesto narrativo.
Legami di sangue, l’ashure, i semi di melograna, i jinn… Al Teatro Sala Umberto l’oriente è più vicino.