di Federica De Sanctis
In scena per la prima volta, al Teatro Quirino dal 31 gennaio al 12 febbraio, Luci della ribalta diretto da Giuseppe Emiliano, fedele adattamento teatrale ad opera di Eleonora Zacchi di uno dei più famosi film di Charlie Chaplin.
Antonio Salines e Marianella Bargilli vestono i panni dei noti Calvero e Teresa. Calvero, un artista di varietà ormai in declino, salva dal suicidio la bella e fragile ballerina Teresa, la accoglie in casa e, facendola guarire da una paralisi psicosomatica, le restituisce la gioia di vivere portandola al successo. Teresa si innamorerà del vecchio comico di un amore sincero, ma questi si farà da parte per il bene della giovane riuscendo tuttavia a godere, prima della fine, di un ultimo trionfo sul palcoscenico.
Portare a teatro, a seguito di trattative durate anni, il capolavoro di Chaplin, da molti considerato uno dei film più importanti della storia del cinema, è stato certamente un rischio. Convincenti l’ambientazione e il montaggio cinematografico, le scelte registiche più riuscite.
Mediante l’utilizzo di un pannello posto sul proscenio e di un altro retrostante, giocando con proiezioni realizzate su piani differenti e ricorrendo altresì all’utilizzo delle didascalie, immancabili nel cinema di Chaplin, il regista offre allo spettatore l’impressione di trovarsi innanzi ad una vecchia pellicola in bianco e nero; ciò fin quando, all’improvviso e come per magia, si cede il passo al colore abbagliante delle luci della ribalta che regalano agli occhi di chi guarda poesia, romanticismo e divertimento.
Probabilmente anche in considerazione della pesante eredità cinematografica e dell’inevitabile confronto con l’opera del 1952, la resa teatrale della storia si scontra per forza di cose con il modello di un classico così imponente. Un progetto ambizioso dunque che manifesta talvolta qualche incertezza.
La rappresentazione, valida nell’insieme, affronta tutte le importanti tematiche presenti nella storia quali il senso della vita, il desiderio di realizzare i propri sogni, la paura di non farcela, la voglia di riscatto e l’amore per l’arte e per il teatro che possono rappresentare spesso anche motivo di dolore, sofferenza e amarezza.
Salines, se da un lato rende molto bene la tenerezza e la forza di volontà di Calvero, superstite di un mondo ormai passato, appare dall’altro un po’ più debole nel racconto della sua malinconia che non sempre riesce a commuovere fino in fondo.
Bella e romantica l’idea di portare sul palcoscenico la nota storia; l’operazione interessante e coraggiosa non raggiunge tuttavia la perfezione.