di Beppe Di Maggio
Luigi era nato a Cassine in provincia di Alessandria, il 21 marzo del 1938; in seguito si era trasferito con la famiglia a Genova. Inizialmente fu appassionato di jazz, poi si dedicò al rock and roll e fondò i” Diavoli Rock” dove suonava il sassofono. Seppe fondere al meglio questi due generi sia nelle sue canzoni romantiche sia in quelle con tematiche più impegnate, di denuncia sociale. Già nel ‘62 recitando nel suo unico film come attore,” La Cuccagna”, aveva interpretato il ruolo di un obiettore di coscienza, interpretando un anarchico e cantato il brano “La ballata dell’ eroe” composta da De André. Da quel momento in poi Tenco iniziò ad apparire anche in televisione, cantando brani dove era ormai evidente il suo rifiuto del conformismo, del razzismo e della discriminazione nei confronti dei giovani. Tutto ciò traspare in “E se ci diranno” ed ”Ognuno è libero”, tuttavia questo suo impegno politico non fece di lui un’ icona per i contestatori pre- sessantottini, che anzi polemizzarono con lui durante una tavola rotonda a cui l’artista partecipò. Uno scontro era inevitabile: troppo diverso era il retroterra culturale di Luigi, quello contadino intriso di valori arcaici che lui voleva difendere senza cedere al neo capitalismo, rispetto a quello dei suoi interlocutori, figli della borghesia ma ribelli al loro stesso “mondo” che volevano sostituire con “qualcosa” di astratto.
Con la canzone ”Un giorno dopo l’altro” Luigi abbandonò la denuncia sociale per diventare quasi leopardiano nelle metafore utilizzate, facendo della malinconia la sua cifra stilistica, esprimendo tutto il suo disincanto nei confronti della vita ed il rimpianto per una felicità mai completamente raggiunta:”. Un pessimismo quasi “cosmico” nei versi finali: ”e la speranza ormai è un abitudine”. La sua canzone più complessa ed enigmatica rimane l’ultima della sua breve vita, la tristemente celebre ”Ciao amore, ciao”. Un testo molto autobiografico dove l’emigrazione dalle campagne verso le metropoli e la conseguente solitudine dell’emigrante insieme al senso di straniamento nel trovarsi catapultato in una nuova realtà è ben sviluppato. La sua anima fragile ma multiforme non fu mai compresa del tutto, fu enigmatica come uno dei suoi aforismi : “ Io sono uno che sorride di rado, questo è vero, ma in giro ce ne sono già tanti che ridono e sorridono sempre, però poi non ti dicono mai cosa pensano dentro ».