Edoardo Sylos Labini al Teatro Quirino di Roma, fino al 31 gennaio, racconta un Nerone dedito agli ozi e all’arte, stretto tra due donne, la madre Agrippina e la moglie Poppea, volenteroso di amicarsi il popolo, mentre il Senato gli stringe attorno il cerchio dell’infamia di aver bruciato Roma.
E’ così che in Nerone. Duemila anni di calunnie, spettacolo tratto dall’omonimo saggio di Massimo Fini, l’Imperatore che vorrebbe passare alla storia come amico degli ultimi e del bello, si marchia d’infamia per sempre, perché la ragion di Stato prevale sulla verità e sulle buone intenzioni ed il riconoscimento dei posteri non sempre coincide con ciò che è giusto o con il vero.
Grazie alle bellissime scene e ai riuscitissimi costumi di Marta Crisolini Malatesta, il palcoscenico si anima di contemporaneità senza perdere il contatto con l’epoca romana. L’attualizzazione degli abiti e delle ambientazioni è funzionale a dare alla rappresentazione uno spazio senza tempo e a renderne maggiormente contemporaneo anche il messaggio.
Musica, passi di danza, abiti neri lunghi e scollature procaci, insieme alla figura di un mimo-dj quale giullare di corte, richiamano alla mente gli intrighi della politica attuale dove i festini dei salotti privati si affiancano alle aule pubbliche nelle quali si decidono le sorti del popolo, ma anche quelle dei potenti.
Amore e potere, saggezza e inettitudine, retorica e sostanza, sono i binomi di ossimori portati in scena.
La rappresentazione diviene un turbinio di emozioni e tormenti dove è preponderante lo sguardo alienato del protagonista, ora imperatore ambizioso, ora figlio plagiato, ora amante negletto… E piano, piano, sempre più confuso, stretto tra troppe antinomie, lo scopriamo più uomo e meno imperatore, più fragile e meno capace di imporsi, e sempre più abbandonato, dal Senato e dal precettore ed amico Lucio Anneo Seneca, che incarna la lucidità della ragione e della parola, e a cui va il merito di essersi saputo magistralmente imporre sulla scena.
Se Seneca per tutta la vita ha predicato l’auto-dominio e il controllo delle passioni, quale garanzia del corretto dominio sugli altri, Nerone, dedito agli eccessi e più volte preda dei suoi stessi sentimenti, si pone ai suoi antipodi e lo scontro non potrà non tardare ad arrivare. In fondo è lo scontro tra due diversi modi di approcciare la vita e tra due diverse filosofie esistenziali.
Quello che è certo è che l’imperatore si consegnerà ai posteri quale fratricida, matricida, uxoricida e piromane. Ma è stato davvero questo? Oppure la memoria che ci è stata tramandata è quella che il Senato a cui si era ribellato ha deciso di tramandarci?
L’animo nero dell’Imperatore torna a bruciare Roma e il Quirino.