Pur sforzandoci non si riuscirebbe ad arrivare all’inizio di questo che è ormai diventato un uso comune. Quando si sono accettate come convenzione parole che non facevano parte della nostra lingua? Quando sono state introdotte? Da chi? Perchè? Con questo non voglio dire di non farne uso, anzi trovo che in molti casi ci si possa tutelare dall’imbarazzo di un termine Italiano più rude.
Trovo che riesca quasi a far sparire dal significato tutto ciò che di poco piacevole comporti l’esserlo.
Dicendo "single" vengono in mente quei telefilm di Hollywood dove la protagonista, donna, tailleur e tacchi, sulla trentina, bella e intrigante si reca al supermercato da sola per fare una spesa in un cestello molto piccolo dove metterà solo cibo salutare come pasta (ma da quando gli americani la sanno cucinare) e insalata, come se i vecchi 4 salti in padella, pizza a domicilio e le noiose ma pur sempre classiche uova al tegamino non esistessero nemmeno…e proprio lì, dove non avremmo mai pensato, ella incontra decine di uomini in giacca e cravatta bellissimi e single che anche loro fanno la spesa e non aspettano altro che invitarla ad una festa, che guarda caso è la sera stessa. Ma poiché la single è scaltra, non accetta il primo invito. Lei è single. A lei non interessano gli uomini. Non mentre fa la spesa. La sua condizione le permette di arrivare a casa, cucinare con annesso bicchiere di vino rosso (sarà californiano) ed adagiarsi sul divano (da sola) a guardare un film.
Le feste o per meglio dire i party, possono aspettare.
Proviamo ora ad esaminare la situazione dal punto di vista della lingua Italiana.
Sono:
– singola (!?!)
– sola (la tristezza di sono sola si commenta "da sola")
– nubile (sono nubile, alta 174 cm occhi scuri…e cerco amicizia affettuosa con maschio sulla quarantina…ma dai..)
– libera (da un po’ di tempo lo abbiamo inventato da mettere sulla carta d’identità al posto di nubile, un po’ come non vedente al posto di cieco, ma non vorrei mai sentire una mia amica presentarsi ad una possibile conquista dicendogli sono libera…ricorderebbe un po’ sia l’etichetta sui bagni degli aerei e un po’ anche la costituzione).
Quindi non mi aspetterei di vedere una singola/sola/nubile/libera in un supermercato pieno di uomini…piuttosto la vedrei meglio buttata su un divano con la pizza di fronte a sé, una birra in mano e il telecomando nell’altra (sarà anche diventato un clichè ma trovo che renda l’idea) mentre tutte le single sono in giro per feste e aperitivi o meglio parties e happy hours.
Rischiando così di essere rovinosamente catapultata in quella nicchia di persone che ancora usano l’italiano e che potrebbero cominciare ad additarla come zitella.
Ci sono situazioni in cui l’inglese è decisamente più appropriato; basti pensare ad alcune canzoni che in Italiano non avrebbero mai avuto successo… da qui ci si potrebbe infatti ricollegare, tanto per citarne una, alla vecchia cara questione Beatles…
Noi tutti viviamo in un giallo sottomarino, sottomarino giallo, giallo sottomarino…!!!
Mi trovo quindi d’accordo, almeno in parte, all’utilizzo di alcune parole che non facciano parte del nostro dizionario.
Ora: non mi sembra di essere particolarmente datata come nascita.
Voglio dire, ho sempre i miei giovani 27 anni.
Non mi sono mai ritenuta né una secchiona né una persona particolarmente attenta ai dettagli ma vorrei portare l’attenzione, per una volta ad un particolare che, sì, mi sta a cuore.
Così come non ci siamo accorti di come l’utilizzo di altre lingue sia diventato normalità, non mi vorrei ritrovare a quarant’anni a dover scrivere l’italiano come la maggior parte di noi, chi per non sentirsi vecchio, chi per stare al passo con i tempi in continua evoluzione, si sta già abituando a fare.
Qst prtclr sn i nuovi metodi d quasi tti i ragazzi x scrvr i msg. Qst xsn sn qll ke frnn prm o poi dell’italiano uno scempio. Xk …va bene, ho reso l’idea.
Quasi sicuramente esagero,mi rendo conto di essere la stessa persona che non può vedere in un messaggio nemmeno “ po’ ” scritto con l’accento invece che con l’apostrofo che subito si innervosisce. Mi rendo conto di essere troppo drastica ed è molto probabile che io sia fin troppo tradizionalista ma trovo che alcune cose nella vita siano sacrosante e una di queste, senza ombra di dubbio, è difendere la nostra lingua da una abbreviazione senza senso che fa male agli occhi ed al cuore.
Con l’introduzione di internet già le lettere d’amore sono praticamente scomparse.
Mi è capitato più volte di ricevere una lettera via mail o anche solo scritta al computer e poi stampata e, anche se ancora una volta mi rendo conto di esagerare, non posso fare a meno di pensare a quanto sia più bello trovare tra le righe di una lettera le tracce di incertezza nella calligrafia di una persona che ami, immaginarla mentre la scrive, cercare gli indizi per capire cosa stesse facendo o pensando quando l’ha scritta.
Ricordo che c’era chi la bagnava con acqua appositamente fatta cadere a gocce millantando che fossero lacrime di commozione per rendere di più il pathos.
Non sono matta, almeno credo, so che senza internet e senza la posta elettronica anche il modo di lavorare non si evolverebbe mai e non sono così folle da non volere la tecnologia dalla nostra parte. Dico solo che sono i piccoli cambiamenti – anche nella lingua – a doverci allarmare.
Di certo i ragazzi che stanno crescendo non si rendono conto di quanto questo sia grave, anche io al posto loro reagirei pensando che le generazioni che mi precedono non possono capire che adesso è tutto più veloce, telefonini, internet, messenger…non c’è tempo di dilungarsi in sproloqui.
Bastano poche consonanti e poche vocali per intendersi e posto che ai giovani di cosa possano pensare le migliaia di scrittori che si stanno rivoltando nelle tombe non gliene potrebbe fregà di meno (per usare un termine adeguato alla situazione) trovo sia compito di quelle stesse generazioni che loro pensano così arretrate di far comprendere loro la bellezza di una lingua antica, articolata e bella come la nostra.
Facendo scoprir loro la magia che vi è dietro a quella carta che un giorno ingiallirà e acquisterà ancora più valore, senza correre il rischio che il disco rigido un giorno si possa rompere portando con sé tutte quelle mail e abbreviazioni che non saranno più recuperabili (con la carta è più difficile, a meno che non ci sia un incendio nei paraggi) ma che in fondo non avevano mai acquisito quella importanza unica che può essere data solo da qualcosa che venga dalla mano dell’altro. Senza schiacciare tasti su anonime tastiere ma lasciando con l’inchiostro i segni del passaggio di un’anima.