Persino un sorriso può divenire feroce terreno di scontro tra differenti visioni della vita e della fede. Il Nome della Rosa, grande libro del compianto intellettuale Umberto Eco da cui fu tratto anche un celebre film, viene presentato dal 23 gennaio al 4 febbraio per la prima volta in una versione teatrale all’Argentina di Roma. L’affascinante versione è di Stefano Massini per la regia di Leo Muscato.
Chi dice di voler combattere per la verità finisce talvolta col far morire altri per una menzogna. In quest’ottica distorta la ricerca della conoscenza diventa tabù e il riso una bestemmia che conduce l’uomo a non temere più il male. Il Nome della Rosa, capolavoro dell’intellettuale Umberto Eco tradotto in 47 lingue e considerato uno dei libri più importanti del secondo novecento, viene presentato per la prima volta in una versione teatrale all’Argentina di Roma dal 23 gennaio al 4 febbraio. Stefano Massini e Leo Muscato propongono uno spettacolo potente e coinvolgente, anche e soprattutto grazie all’apporto di un cast eccellente.
Scenografie appropriate e realistiche portano subito lo spettatore nell’austera e misteriosa abbazia tra efferati delitti e dotte discettazioni teologiche e filosofiche. Costumi e musiche si sposano perfettamente con i temi narrati senza creare contrasti. La fedeltà al contesto storico e politico in cui nasce e si sviluppa la storia si dimostra fondamentale per esprimere al meglio le caratteristiche di personaggi e vicende, amplificandone l’aura di seducente e inquietante enigma che conquista la platea.
Gli attori si dimostrano pienamente all’altezza dell’arduo compito di sostenere i dialoghi complessi e veloci. Su tutti però, anche basandosi sull’apprezzamento del pubblico, Luca Lazzareschi nel ruolo di Guglielmo da Baskerville e Luigi Diberti in quello dell’anziano Adso. Convinti applausi anche per Bob Marchese nei panni dell’integralista Jorge da Burgos e per Alfonso Postiglione, bravissimo nel difficile personaggio del grottesco e folle Salvatore.
Massini e Muscato riescono ad esaltare la bellezza di uno scritto che ha segnato la letteratura del secolo scorso senza stravolgerne i tratti e la fisionomia. C’è tempo fino al 4 febbraio per vivere al teatro Argentina l’atmosfera di arcano e occulto de Il Nome della Rosa, lasciandosi trasportare dal talento di una magistrale squadra di interpreti che sanno evidenziare un autentico tesoro culturale. Dapprima esclusivamente letterario e cinematografico ed ora, finalmente, anche teatrale.