POST IT PER WALTER VELTRONI. RESTI PURE MA SI CONVERTA ALL'ITALIANO
(17.4.08) Caro Wolly, non siamo tra quelli che come il nostro amico Nobili le addebitano ogni sorta di nefandezze, anzi saremmo portati a difenderla se almeno lei cominciasse a parlare in italiano. Avendo poca dimestichezza con l'inglese (tra l'altro, Bossi imperante, non è da escludere che tra poco l'i “inglese” delle tre “i” di Berlusconi si trasformi nella “i” di “insubrico”, sublingua di origine celtica parlata da Borghezio e dai suoi) rimaniamo confusi quando lei dice che farà uno “shadow cabinet”. Lei ci confuse molto anche quando sbottò in un “I know my chicken” traducendo in improbabile inglese il vecchio detto italiano “conosco i miei polli”. Né c'è da dire che le abbia portato fortuna lo slogan “Yes we can”, come non portò fortuna a tutti noi lo slogan “I care” che lei volle imporre al Congresso di Torino a un Pci allora ancora duro e puro, che parlava solo italiano. Così come non ci è piaciuto sentirla annunciare dal loft "Ringrazio Gordon e Luis" (Gordon Brown e Luis Zapatero – quello Zapatero, tra l'altro, che lei non ha voluto invitare in Italia ad appoggiare la sua campagna – sarebbe stato disponibile – per paura dell'anatema di Binetti). Non siamo tra quelli che le dicono gentilmente di andare a prestare la sua opera nell'Africa più arretrata dove ci sarebbe tanto bisogno di lei. Ma se deve rimanere in Italia può per favore cominciare a parlare in italiano? Smetterla di sentirsi, novello Zelig della politica, di volta in volta Kennedy, Clinton, Obama, Mandela, Luther King? Resti a Testaccio, per favore, resti tra noi.
(17.4.08) Caro Wolly, non siamo tra quelli che come il nostro amico Nobili le addebitano ogni sorta di nefandezze, anzi saremmo portati a difenderla se almeno lei cominciasse a parlare in italiano. Avendo poca dimestichezza con l'inglese (tra l'altro, Bossi imperante, non è da escludere che tra poco l'i “inglese” delle tre “i” di Berlusconi si trasformi nella “i” di “insubrico”, sublingua di origine celtica parlata da Borghezio e dai suoi) rimaniamo confusi quando lei dice che farà uno “shadow cabinet”. Lei ci confuse molto anche quando sbottò in un “I know my chicken” traducendo in improbabile inglese il vecchio detto italiano “conosco i miei polli”. Né c'è da dire che le abbia portato fortuna lo slogan “Yes we can”, come non portò fortuna a tutti noi lo slogan “I care” che lei volle imporre al Congresso di Torino a un Pci allora ancora duro e puro, che parlava solo italiano. Così come non ci è piaciuto sentirla annunciare dal loft "Ringrazio Gordon e Luis" (Gordon Brown e Luis Zapatero – quello Zapatero, tra l'altro, che lei non ha voluto invitare in Italia ad appoggiare la sua campagna – sarebbe stato disponibile – per paura dell'anatema di Binetti). Non siamo tra quelli che le dicono gentilmente di andare a prestare la sua opera nell'Africa più arretrata dove ci sarebbe tanto bisogno di lei. Ma se deve rimanere in Italia può per favore cominciare a parlare in italiano? Smetterla di sentirsi, novello Zelig della politica, di volta in volta Kennedy, Clinton, Obama, Mandela, Luther King? Resti a Testaccio, per favore, resti tra noi.