(22/12/2012) di Rino Tripodida LucidaMente
Approvata da poche ore la risoluzione Onu contro «un abuso irreparabile e irreversibile». A Roma commozione dei radicali. Per Maria Cristina Pisani (Fgs) è una battaglia culturale che riguarda tutti. Ma tante sono le incognite, anche in Italia…
Da poche ore l’Assemblea generale dell’Onu ha approvato una risoluzione contro le mutilazioni genitali femminili. Il testo, sostenuto dall’Italia, è stato presentato da un gruppo di Paesi africani ed è il primo dedicato specificamente al tema. L’approvazione è avvenuta in sessione plenaria per consenso, senza discussione ed emendamenti al testo, a testimonianza dell’ampio accordo politico che è alla base del dispositivo. Nel testo si esortano gli Stati membri a condannare la pratica – testualmente definita «un abuso irreparabile e irreversibile» – che minaccia tre milioni di ragazze ogni anno e al quale sono state sottoposte 130-140 milioni di giovani donne in tutto il mondo. Ma fondamentale sarebbe la promozione di programmi ad hoc nel settore sociale ed educativo per favorirne l’abbandono.
Applausi e commozione in via di Torre Argentina a Roma, nella sede del Partito radicale transnazionale, che da anni si è impegnato, anche con l’Associazione Non c’è pace senza giustizia, per combattere la barbarie delle mutilazioni genitali femminili. La presa di posizione delle Nazioni Unite è stata seguita in diretta alla presenza del vicepresidente del Senato Emma Bonino, di alcuni ambasciatori stranieri a Roma e di diversi attivisti italiani e stranieri, raggiunti poi anche da Marco Pannella, visibilmente provato dallo sciopero della fame e della sete attuato per la questione giustizia e carceri in Italia. Secondo Khady Koita, presidente dell’Associazione La Palabre, «in nessun continente sarà più possibile questa flagrante violazione dei diritti umani». «È il coronamento di una lotta durata dieci anni, ma c’è ancora molto da fare» ha aggiunto dal Cairo Moushira Khattab, ex ministro egiziano per la Famiglia e la Popolazione, intervenendo in collegamento alle celebrazioni di Roma.
Tuttavia, molti sono i punti oscuri, che non inducono all’ottimismo. Innanzi tutto la risoluzione non è legalmente vincolante, e la richiesta ai 193 membri dell’Onu di «prendere tutte le misure necessarie, anche legislative, per proibire le mutilazioni genitali femminili e proteggere le donne e le ragazze da questa forma di violenza» suona astratta e lontana da una realtà imbarazzante, dato che, in realtà, molti Stati poco o nulla fanno al riguardo e tantissime comunità, soprattutto islamiche, la praticano e la incoraggiano senza problemi, tra mille complicità e silenzi, nazionali e internazionli. Tanto che, secondo Maria Cristina Pisani, responsabile nazionale Giustizia e Legalità della Fgs (Federazione dei giovani socialisti), «di questa giornata si è però parlato ben poco. Si sbaglia nel credere che questa lotta riguardi soltanto Paesi in via di sviluppo. Sono infatti circa 35.000 le donne immigrate in Italia colpite da mutilazioni genitali, sebbene questa sia una pratica vietata per legge dal 2006, con una pena che può arrivare fino a 12 anni di reclusione. Molte comunità praticano ancora oggi l’infibulazione, su bambine e ragazze giovani. Questo accade ancora in 28 Paesi africani, in alcuni Stati dell’Asia orientale e occidentale e nel Corno D’Africa». Per il futuro, ha proseguito la Pisani, «il modo migliore per dare un senso a questa giornata è dunque quello di favorire un grande cambiamento sociale e culturale. Per questo è importante contrastare, attraverso un grande sforzo educativo, la convinzione ormai radicata che l’infibulazione e le altre mutilazioni facciano parte dell’identità culturale di un popolo e di una donna».
di Rino Tripodi da LucidaMente, n. 84/2012