di Marco Bombagi
L’incontro con la grandezza talvolta è un appuntamento fisso per una sorta di puntiglio del fato. Quando si incontrano, ad esempio, i giallorossi capitolini e le Merengues madrilene.
Un racconto tra dramma e splendore dal titolo Real Madrid – Roma 1-2, in programma al teatro Belli di Trastevere dal 19 al 24 gennaio, nato grazie all’estro di Giuseppe Manfridi, autore dei testi che hanno trasformato in parola i ricordi e le esperienze personali, e di Paolo Triestino, trascinante protagonista sul palco e interprete appassionato.
Insieme danno vita, proprio come accaduto in occasione dello spettacolo “Roma – Liverpool 1-1” andato in scena la settimana precedente nello stesso teatro romano, ad un viaggio coinvolgente che rapisce il pubblico con ironia e romanticismo. Un flusso di coscienza che unisce cronaca sportiva e politica, due avvenimenti diversissimi ma uniti dalla data, 11 settembre 2001: L’abbattimento delle Torri Gemelle a New York e il debutto in Champions League, il massimo torneo calcistico per club europei, dell’Undici con la lupa sul petto proprio contro la squadra mito per eccellenza, i bianchi della capitale spagnola.
Un accostamento mai forzato, un’unica linea che congiunge momenti della vita. E la vita, spesso, non si divide in capitoli separati, ma costituisce un’onda che tutto ingloba.
Roma e Real Madrid si incontrarono diverse volte a partire da quell’11 settembre 2001, quando gli spettatori dell’Olimpico furono più impegnati a guardare il cielo, con la paura che il rombo sordo di qualche motore d’aereo squarciasse la serenità della sera e travolgesse anche le loro vite, piuttosto che il campo. Poi vi furono altre sfide negli anni successivi fino all’inverno del 2008, quando i capitolini trionfarono nel tempio laico del Santiago Bernabeu, guadagnandosi i quarti di finale della celebre coppa dalle grandi orecchie.
Sport, solo sport. Forse. Perché il destino, oltre ad appassionarsi di calcio sembra possedere anche uno strano senso dell’umorismo, al confine con il macabro. Così quella partita che, ironia della sorte si giocherà anche nel febbraio del 2016 sempre in Champions League, sia per l’autore che visse quei momenti sia per l’attore istrionico che impersona le emozioni rimarrà sempre drammatico e paradossale connubio tra calcio e terrorismo, un pallone e due grattacieli che si sbriciolano tra le fiamme.
Sembrerebbe quasi irrispettoso l’accostamento, ma guardando oltre la superficie delle cose potremmo renderci conto di come sia possibile esorcizzare l’abisso con il fluire semplice della normalità, di cui lo sport è espressione sincera. Ciò che appare insensato assume così corpo e significato. Chi ha messo l’uno accanto all’altro, nella vita degli uomini prima e sul palco attraverso l’arte poi, l’alfa e l’omega, la vita e la morte, potrebbe averlo fatto non per caso ma per trasmettere un’immagine eterna, monito e percorso.
L’oscurità si sconfigge con la grandezza e la grandezza è fatta di piccole, immani esperienze quotidiane.