di Marco Bombagi
La realtà può avere molte forme, tante quante l’immaginazione e la dimensione artistica umana riescano a concepire. E così oggetti di ogni giorno, siano essi uno scolapasta o un’arma da fuoco, assumono sembianze altre da sé, più complesse ed evocative, drammatiche o poetiche, dipingendo riflessioni nuove e profonde, tanto sorprendenti da essere geniali.
Il Maxxi, Museo Nazionale delle arti del XXI secolo, ospita dall’11 novembre 2015 al 28 marzo 2016 Transformers, una mostra coraggiosa e dal forte spirito innovativo che rispecchia appieno l’indole degli artisti che ne hanno composto il percorso con le proprie opere.
Choi Jeong-hwa, nato a Seoul nel 1961, uno degli artisti contemporanei più dinamici e significativi della Corea, al tempo stesso progettista di edifici, mobili e arredi; Didier Fiuza Faustino, francese di Chennevières-sur-Marne, classe 1968, artista e architetto; Martino Gamper, quarantaquattrenne altoatesino di nascita ma londinese di adozione, indole creatrice al confine tra design e arte e Pedro Reyes di Città del Messico, artista formatosi come architetto, con elementi di teatro, psicologia e attivismo.
Autori provenienti dai quattro angoli del mondo, a testimonianza di quanto certe inquietudini non abbiano confini, che uniscono differenti discipline all’impegno sociale, ispirazione continua per trasformare, appunto, la realtà in pensiero e denuncia.
“I creatori”, afferma Hou Hanru, Direttore Artistico del MAXXI e curatore della mostra assieme ad Anne Palopoli, “sono sognatori straordinari. I loro atti creativi sono ispirati da un forte impegno sociale e ambientale nei diversi contesti geopolitici odierni. Sono capaci di trasformare il quotidiano in fantastico e viceversa; trasformano il basso in alto, il vecchio in nuovo, il banale in arguto, il triste in gioioso e il vizio in virtù. Creano così nuove realtà più aperte, incoraggiandoci a vivere pienamente l’esperienza di esseri umani”.
Dall’opera Hubble Bubble di Choi Jeong-Hwa, una foresta verde sospesa creata con 3 mila scolapasta in plastica in cui il pubblico può entrare ed esplorare, a Life Life, sempre dell’artista coreano: un’installazione, fatta di lunghi palloncini colorati, con cui il visitatore può interagire anche solo cogliendone i mutamenti quotidiani, causati dal deterioramento dei palloncini stessi.
Fino a Disarm e Disarm Instruments di Pedro Reyes, un grido di denuncia contro la lobby delle armi e gli enormi interessi che ruotano attorno al business della guerra. La prima installazione dell’autore messicano è realizzata con i resti delle armi raccolte e distrutte dall’esercito del suo Paese, la seconda, invece, è costituita da cinque sculture realizzate anch’esse con armi, che riproducono strumenti musicali.
Senza dimenticare altre opere in mostra, tra cui Post Forma di Martino Gamper o Lampedusa di Didier Fiuza Faustino. La prima è un’inusuale collezione di sedie, al confine tra arte e design, che stimola a ripensare le sensazioni normalmente connesse a quell’oggetto d’uso comune, come il riposo e la socialità. La seconda mira a sensibilizzare il visitatore rispetto al tema dell’immigrazione: una gigantesca boa in polistirolo cui aggrapparsi per salvarsi la vita.
Grazie a Transformers l’osservatore può immergersi nelle opere, scoprendo nuovi modi di rappresentare il mondo reinventando la quotidianità.