In una nuova veste cartellonistica il Teatro Parioli propone uno spettacolo di Patrick Marber, autore inglese, ex cabarettista. Fino al 5 novembre sarà in scena Poker per la regia di Antonio Zavatteri, con un bravissimo Francesco Montanari e la formidabile Compagnia Gank.
Il proprietario di un locale con il figlio e i suoi tre dipendenti alla fine della serata della domenica si riuniscono per giocare a poker nel ristorante. Tutte le settimane così. Sempre uguale. L’incontro routinario si spezza quando una sera farà l’ingresso nel locale uno strano personaggio che si aggiungerà al gruppo.
La storia è semplice, non ha intrecci che ingoiano lo spettatore in richieste di attenzione particolari in effetti e non ha niente di nuovo che possa sorprendere. Si parla di uomini che hanno il classico appuntamento con il poker e come ogni partita a poker, che nelle vite di tutti può esserci stata, ha anche i suoi clichè.
Non è però il velo superficiale della storia che dobbiamo soffermarci a guardare, ma quello che c’è sotto. Dobbiamo quasi aprire un altro sipario. Una partita a carte diventa così un racconto pretestuoso per seguire le vite e le motivazioni dei personaggi, la loro analisi, l’aspetto relazionale e la psicologia individuale di ciascuno in un rapporto empatico spontaneo.
E’ così che possiamo partecipare del bisogno di un padre di vedere il figlio e che solamente attraverso questa partita routinaria riesce a soddisfare. Legame che non nasce certamente secondo quanto il manuale del buon padre indica, considerato che il gioco è l’appuntamento sollecitato dal genitore stesso nonché l’unico possibile.
Proprio quella domenica sera diventa poi momento di speranza per il perdente di sentirsi non tanto vincitore quanto vincente, quando anche una piccola somma messa in tasca è la prova che persino lui è degno di rispetto. Ancora, giocare può significare a volte non pensarci: il giorno dopo finalmente è quello in cui si potrà vedere la propria figlia e non si dovrebbe essere troppo storditi per goderselo, eppure non pensarci porta a fare il contrario di quello che ci si è ripromessi e a perdere tutto, forse e soprattutto anche la dignità di padre. E’ naturalmente anche patologia quella domenica sera, il gioco è vizio che distrugge e intorno al quale possono gravitare personaggi di dubbia morale.
Il testo si percepisce come rischioso, in quanto solo un cast di bravi come quello che possiamo avere al Teatro Parioli sa ritmarlo e colorarlo. Ed è proprio perchè la storia non avvolge lo spettatore immediatamente, ma solo seguendola, che rischia di annoiare. Gli attori sanno dunque fare gli onori di casa e intrattenere il pubblico, anche laddove all’inizio il testo risulti essere più faticoso.
La seconda parte prende molta più forza e cancella il senso di lentezza iniziale. Un plauso ad un momento registico che mette a confronto due spazi scenici che divengono quasi un chiasmo, un incrocio con cui si abbandona la maniera teatrale per arrivare a quella cinematografica. Zavatteri sembra avere la macchina da presa a quel punto e ci fa vedere attraverso inquadrature veloci ciò che accade nelle due diverse stanze.
Si conferma eccezionale Francesco Montanari che al teatro regala sempre momenti emozionanti e lo si apprezza sempre di più seguendolo, perchè la sua versatilità attoriale non è facile trovarla e la Compagnia Gank amplifica il piacere di seguire uno spettacolo che ha così tanta bravura sul palco.
Consigliato per raffinare i palati verso il concetto di attori eccellenti.