Al teatro Vascello di Roma fino al 4 dicembre, Alessandro Haber con Haberowski incarna uno degli artisti simbolo dell’anticonformismo e della libertà portata fino all’autolesionismo. Tra letture splendide e maledette, Alcool e nuvole di fumo, ci si immerge nell’universo Bukowski.
Una macchina da scrivere che galleggia tra frammenti di vita consumata velocemente, succhiata senza risparmio come un frutto maturo che si vuole tutto e subito, per godere del sapore intenso ma breve.
E un leggìo al centro del palco, strumento atttraverso cui la voce dell’interprete, Alessandro Haber, trasforma in parole l’emozione e la rabbia, le fragilità che si fanno voglia graffiante di essere altrimenti. Anche se questo può comportare l’autodistruzione. Infine la musica, incalzante e ritmata come i battiti di un cuore che corre.
Haberowski, spettacolo nato da un’idea di Manuel Bozzi, con Alessandro Haber e le musiche perfette degli Alfa Romero, si dona al pubblico del Teatro Vascello dal 29 novembre al 4 dicembre 2016. E ne vale la pena. Più di una birra ghiacciata quando si ha sete. E la birra non va lasciata mai, come direbbe il celebre scrittore.
Un viaggio nei meandri di una mente inquieta e sofferente, in continua ricerca di un approdo. Un uomo attratto solo da donne estreme, “dai volti lupeschi, pazze e prostitute”, ma tremendamente bisognoso di “donne perbene”, di normalità. Un concetto estraneo e per certi versi disprezzato, ma sovente contemplato come portatore di pace, relativa, ma pace.
“Le cose appropriate e convenienti mi si addicono come le mensole fissate male”, recita Haberowski in una delle liriche lette sul palco tra un reggiseno e una mutandina, simboli di sessualità totalmente istintiva e compulsiva, priva d’ogni ombra di romanticismo: troppo normale, perbene, il romanticismo. Non si addice.
E poi fumo, vero, purtroppo per eventuali spettatori privi del vizio, che avvolge in spire cineree l’attore, e non solo lui, che sorseggia da un piccolo bicchiere del liquido superalcolico. Degno di Bukowski.
Uno show, quindi, che merita la curiosità del pubblico, perché “tutto sommato non è male essere Bukowski”. E neanche Haberowski.